Quali sono i segnali premonitori di un comportamento deviante durante l’adolescenza
Il comportamento adolescenziale “deviante” è il risultato di un insieme di fattori di rischio riguardanti l’area biologica, psicologica e sociale e una loro interazione potrebbe essere la causa dell’emergere di un comportamento deviante.
Per poter valutare con migliori risultati un comportamento deviante, dunque, è importante analizzare le prime fasi dello sviluppo del bambino. Generalmente, si pensa che un rapporto positivo con delle figure materne e paterne affettuose e coerenti contribuirà a sviluppare nel bambino una stabilità emotiva e comportamentale. Tuttavia, se i genitori non sono presenti, la società offre altre opportunità di identificazione con persone che possono fungere da modelli di ruolo come insegnanti, figure sportive, religiose, ecc…
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L’adolescenza
L’adolescenza è un fase ricca di tensioni e di conflitti in cui si affronta la “crisi di identità”, la quale, a sua volta può favorire l’emergere di un comportamento deviante. Ma è proprio in questi frangenti che si ha l’occasione di riorganizzare il proprio Io e in questo passaggio fondamentale della vita è indispensabile la presenza di oggetti esterni che svolgano la funzione di contenimento degli stati emotivi, ma allo stesso tempo quella responsabilizzazione. In questa fase è indispensabile consentire ad ogni ragazzo quello che Winnicott definisce “diritto all’immaturità” ovvero la progressiva conquista dei propri spazi, della propria maturità e della responsabilità.
Il sentimento di “depressione” è un fenomeno naturale nell’adolescenza, dal momento che essa implica un processo evolutivo e di separazione. Tuttavia l’incapacità di affrontare questo genere di sentimenti spinge l’adolescente verso l’acting-out: azione impulsiva che agisce sull’ambiente per evitare l’esperienza passiva di disperazione di fronte alla frustrazione. Ed è in queste situazioni che il comportamento aggressivo potrebbe essere una possibile modalità per evitare sentimenti di depressione. In questa fase il gruppo dei pari assume un ruolo fondamentale nell’influenzare il punto di vista dell’adolescente, i suoi modelli di comportamento ed i ruoli da ricoprire all’interno della società (Erikson 1974). Quindi molto spesso il comportamento deviante inizia proprio dalla ricerca di esperienze alternative per fuggire da se stessi e dalle angosce. Tuttavia non è possibile pensare ad un collegamento diretto e lineare tra presenza di comportamenti devianti in adolescenza e sviluppo di un comportamento antisociale in età adulta, poiché la maggior parte degli adolescenti potrebbero commettere piccole trasgressioni, mentre solo un numero minore commette trasgressioni più gravi. Ciò nonostante è importante non ridurre la delinquenza giovanile unicamente ad un fenomeno di natura adolescenziale, poiché potrebbe condurre ad una visione distorta e riduttiva del problema.
Cosa si intende con il termine “adolescente antisociale”?
Gli adolescenti antisociali si presentano come ragazzi che manifestano più frequenti e più gravi comportamenti trasgressivi. Esistono molteplici percorsi che possono condurre allo sviluppo di un comportamento antisociale. In primo luogo vi sono adolescenti trasgressivi che già in età prescolare mostrano un’accentuata difficoltà nel rispettare le regole, sia casa sia a scuola. In secondo luogo, vi sono ragazzi che iniziano a presentare comportamenti antisociali nella tarda infanzia o all’inizio dell’adolescenza, non sono ragazzi particolarmente aggressivi e commettono trasgressioni di minore gravità, Infine, una terza strada è costituita dall’abuso di sostanze, che ha inizio nella media adolescenza (Loeber et al., 1998).
Da quest’analisi emergerebbe che uno dei fattori centrali, nell’evolversi di una condotta antisociale, sia rappresentato dall’età di insorgenza dei problemi di comportamento. Il concetto di “onset” (“età di iniziazione”), quindi sembra essere fondamentale nello studio del comportamento criminale, in quanto in base all’età dell’onset, le variabili di rischio sono differenziate, così come i futuri sviluppi criminali.
Nel Manuale Diagnostico e Statistico di Classificazione Dei Disturbi Mental (Dsm-V; 2013), i problemi trasgressivi dei bambini che si presentano frequentemente correlati al comportamento antisociale adolescenziale, sono rappresentati da tre tipi di disturbo: il Disturbo Oppositivo Provocatorio, Disturbo di Condotta (nel DSM 5 inclusi nei Disturbi da Comportamento Dirompente, del Controllo degli Impulsi e della Condotta) e il Disturbo Iperattivo (nel DSM V incluso nei Disturbi del Neurosviluppo).
E’ interessante notare come questi tre disturbi infantili del comportamento siano fortemente interrelati tra loro. In particolare è stato constatato che i bambini che presentano il disturbo della condotta associato al disturbo da deficit d’attenzione sembrano sviluppare precocemente problemi di comportamento e tendono ad essere più aggressivi ed è proprio in questo gruppo che si collocano i “precursori” di problemi antisociali in adolescenziale (Maggiolini, 2002).
Secondo una psicologa americana, Terrie Moffitt (1993), esistono due tipologie di offenders: “adolescence limited” (AL) e“life course persistent offenders” (LCP). I primi (AL) sono individui che mettono in atto manifestazioni delinquenziali a partire dal periodo adolescenziale; si tratta della cosiddetta “delinquenza fisiologica”, ovvero quella delinquenza che è parte del processo normativo di sviluppo. I secondi, invece, presentano manifestazioni antisociali già dalla prima infanzia, le quali si protrarranno fino all’età adulta; si tratta di soggetti con problemi di natura neuropsicologica, spesso cresciuti in ambienti familiari e sociali problematici Questo secondo gruppo sembrerebbe essere coinvolto in un’elevata percentuale di reati denunciati, ed anche in una significativa percentuale di ricadute criminali. Tale tassonomia duale, risulta però restrittiva rispetto all’articolata realtà criminogena. Ci si trova infatti di fronte anche a criminali il cui percorso di crescita infantile è stato positivo e adattivo, e che iniziano una carriera criminale solo in età adulta.
Uno studio longitudinale molto importante nell’ambito dell’antisocialità minorile (il Pittsburg Youth Study di Loeber; Loeber et al., 1998) ha esaminato i fattori implicati nell’insorgere della delinquenza:
- problemi di attenzione e iperattività;
- impulsività;
- mancanza di senso di colpa;
- famiglie con scarso controllo.
Il comportamento antisociale sembra dunque dovuto principalmente alla mancanza di controlli interni: difficoltà a controllare gli impulsi, problemi d’attenzione e mancanza di senso di colpa (Loeber et al., 1998). Bambini ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), con sintomi predominanti di iperattività-impulsività senza contemporanei problemi della condotta, sembrano ad alto rischio per un esito antisociale.
Un aspetto particolarmente importante che è emerso da questo studio è la mancanza del senso di colpa, condizione emotiva importantissima per la messa in atto di comportamenti aggressivi e trasgressivi. Sembrerebbe che alla base della mancanza dello sviluppo della capacità di sentirsi in colpa, ci sarebbero stili educativi disfunzionali.
I fattori di rischio
La categoria dei comportamenti a rischio comprende tutte quelle “azioni, quegli atteggiamenti e quei comportamenti che possono compromettere il benessere fisico, psicologico e sociale di un individuo, nell’immediato o a lungo termine”. I comportamenti a rischio più diffusi sono l’abuso di sostanze, il comportamento sessuale non protetto e/o promiscuo, la guida spericolata, il vandalismo di gruppo, le condotte alimentari devianti, la dipendenza da internet, l’autolesionismo.
Rutter (1998) propone quattro principali fattori di rischio:
- una precoce età di insorgenza;
- iperattività;
- presenza di comportamenti violenti;
- presenza di un grave disturbo di personalità di tipo psicopatico o psicotico.
Fino a pochi anni fa si pensava che i comportamenti degli adolescenti dipendessero soprattutto dalla classe sociale e dal contesto familiare di appartenenza. Tuttavia oggigiorno grande influenza sugli adolescenti hanno la globalizzazione della società e l’estremo conformismo sociale verso i modelli proposti dai media.
Disturbi di personalità e delinquenza giovanile
Studi effettuati sul tema della delinquenza giovanile hanno mostrato come essa presenti alcune associazioni con un certo numero di caratteristiche psicopatologiche, in particolare con Disturbi della Personalità.
Tra gli adolescenti trasgressivi vi è un sottogruppo che presenta due realtà distinte: la prima riguarda adolescenti antisociali impulsivi, poco violenti, ma comunque capaci di creare una qualche forma di legame significativo; tali soggetti utilizzano l’aggressività soprattutto in modo reattivo. La seconda realtà invece, è rappresentata da adolescenti che si distinguono per la loro insensibilità; ed utilizzano l’aggressività soprattutto come attacco piuttosto che come difesa. Sono individui privi del senso di colpa e della capacità di creare legami. Il primo gruppo rimanda al Disturbo Narcisistico di Personalità e/o alla Personalità Borderline, soprattutto nelle femmine; il secondo gruppo invece alla Personalità Schizoide.
Una categoria a parte sono gli adolescenti trasgressivi, quelli che commettono reati in modo ripetuto, che presentano un vero e proprio stile di vita antisociale e possono essere classificati all’interno del Disturbo Antisociale di Personalità. Secondo la definizione del DSM 5 (2013) questo tipo di disturbo è costituito da un pattern pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che inizia nell’infanzia o nella prima adolescenza e continua nell’età adulta. Per porre questa diagnosi, l’individuo deve avere almeno 18 anni (Criterio B) e avere in anamnesi alcuni sintomi del disturbo della condotta prima dell’età di 15 anni (Criterio C).
Conclusioni
Nell’analisi di un comportamento antisociale occorre distinguere i fattori di rischio e i fattori di protezione. Importante, in queste situazioni è un intervento educativo, il quale dovrebbe essere occasione di informazione e riflessione offrendo la possibilità di acquisire la consapevolezza sul significato del proprio comportamento e attivarsi per utilizzare strategie più idonee per raggiungere gli stessi scopi.
Nello stesso tempo importante è anche la valorizzazione e la promozione delle cosiddette life skills, ossia tutte quelle competenze vitali, quali la comunicazione efficace, l’empatia, il pensiero critico, la gestione delle emozioni e delle situazioni di stress, che rendono il soggetto capace di affrontare le sfide evolutive.
Fonti:
- Moffitt TE. Adolescence-limited and life-course-persistent antisocial behavior: a developmental taxonomy. Psychol Rev. 1993 Oct;100(4):674-701.
- Stateofmind.it