Kamikaze, il fenomeno degli uomini-bomba
Il fenomeno degli uomini-bomba risulta assai inquietante . Questo genere di condotta si esprime con una frequenza impressionante in cui vengono coinvolti anche donne, adolescenti e addirittura bambini.
Per tale fenomeno generalmente viene usata la parola ‘Kamikaze‘ (kami=divinità kaze= vento; kamikaze= vento divino), ossia un membro di un gruppo militare o terroristico che compie un attentato sacrificando, per motivi ideologici o religiosi, la propria vita.
Tipologia di Kamikaze e dimensioni del fenomeno
- Kamikaze “in nome di una sopravvivenza superiore”: è il caso dei kamikaze giapponesi e islamici. Il guerriero è disposto a morire per garantire la sopravvivenza alla sua nazione o alla sua fede religiosa. Spesso c’è anche la promessa di una ricompensa divina in una vita superiore;
- Kamikaze “ in nome di un’autorità superiore”: il suicida è plagiato da una figura carismatica; viene convinto che l’obbedienza agli ordini è un valore superiore alla vita stessa.
- Kamikaze “in nome di un principio morale superiore”: è il caso dei samurai che si suicidano per difendere l’onore, o di chi si dà fuoco per protestare contro l’autorità. Questo comportamento si può sviluppare in presenza di un rigido codice morale.
Il fenomeno è in rapida espansione e negli ultimi due anni ha coinvolto una settantina di soggetti inclusi donne e minorenni. Attualmente il terrorismo suicida si è ampiamente diffuso in Iraq come tecnica di guerriglia contro le truppe di occupazione e i gruppi o le persone che con esse collaborano o che desiderano uno Stato democratico, in opposizione al regime, o per creare un clima di paura e di insicurezza nella popolazione.
Cosa succede nella mente di un kamikaze
Secondo alcuni psicologi inglesi «non si tratta di individui mentalmente anormali, ma di soggetti arrabbiati, disperati e fermamente decisi». Negli ultimi tempi la BBC ha riferito che la jihad islamica avrebbe aperto una “scuola estiva” per martiri, dove si insegna a ragazzi tra 12 e 15 anni non solo che è bene uccidere, ma anche che è bene morire.
Gli uomini-bomba appaiono come un fenomeno ancora più complesso in quanto quasi tutti hanno subito gravi traumi riguardanti la morte o il ferimento di persone a loro care. La maggior parte di essi sono vissuti in un clima che ha sviluppato in loro un forte senso di appartenenza e dignità. Proprio questa perversione porta queste persone a identificarsi in un’arma mortale e a dare un senso alla propria vita solo attraverso la morte degli altri.
Conclusioni
Responsabili della degenerazione di questo fenomeno sono i sistemi etico-sociali ai quali l’individuo viene esposto sin dall’infanzia, in particolare quelli legati a un’inscindibile appartenenza etnica e credenze ideologiche. Solo la conoscenza, il bene più prezioso dell’uomo può servire come antidoto e prevenzione della ‘martiriomania‘.
Buongiorno Dott. Ventre,
Non sono uno psicologo ma un appassionato di storia, mi permetto un ragionamento sul quale Le chiedo un parere.
Il fenomeno degli attentatori suicidi si lega nell’immaginario pubblico al Vento Divino giapponese, e si estende agli islamici ma non è solo quello.
In asia nella metà del secolo scorso vi furono numerosi esempi di diffuso e massivo uso delle medesime tecniche.
Credo che i numeri di soldati suicidi Cinesi durante la guerra civile, non sia poi così lontano da quello Giapponese.
Non dimentichiamoci che i Giapponesi combatterono una lunga guerra di occupazione in Cina negli anni 30.
Prima dei piloti suicidi, era prassi normale nell’esercito imperiale giapponese affrontare i carri armati ( in genere sovietici) con fanti suicidi dotati di zaini esplosivi. Tali reparti della morte si gettavano sotto gli scafi e facevano detonare la bomba con un meccanismo a strappo…
Mi domando il senso di saltar in aria con il carro, e non minarlo solamente dando al fante la possibilità di tentare la fuga, avendo poi tutto il tempo di immolarsi in un successivo tentativo?
Nella guerra di liberazione del Vietnam, prima il movimento Viet-Minh contro i Francesi e poi quello Vietcong contro gli USA adotteranno le medesime tecniche ( zaini esplosivi) .
Nella guerra del Vietnam spesso erano donne o persino bambini, è un ricordo comune nei reduci, sia Francesi che USA. Ne ho conosciuti alcuni.
In Platoon di Oliver Stone ( il regista è un veterano del conflitto), si vede una scena di un soldato suicida.
Anche i Vietamiti subiranno seppur in misura minore dei cinesi l’espansionismo nipponico.
Nella Germania Nazista, ci furono dei reparti semi suicidi che dovevano abbattere i bombardieri USA speronandoli, oppure pilotare bombe a razzo. In entrambi i casi pur con un calcolo di probabilità molto basso, il pilota si sarebbe gettato con il paracadute.
Le domande sono due, perché l’organizzazione non lascia una possibilità seppur teorica di sopravvivere?
Vedo analogie fra i contesti sociali, ma mi piacerebbe un suo parere.
Grazie mille per le sue riflessioni.
G.